L’amico Michele mi dà il permesso di scrivere sul suo blog e, dopo la trasmissione di Report su Rai 3, di domenica scorsa, non può mancare una riflessione.
Una riflessione che parte già prima della trasmissione di Rai 3, quando Michele mi indicò che aveva visto “performance” in giro (chiamiamole così ironicamente) davvero indicibili.
Ma faccio un passo indietro, devo presentarmi a chi legge: sono Marianna, mi sono iscritta all’albo dei giornalisti pubblicisti nel 2005 e dopo poco ho avuto la possibilità di lavorare scrivendo su una rivista che parla di pizza e ristorazione. Pensai all’epoca: non poteva andarmi meglio, amo mangiare, mangiare bene. Da allora di pizze ne ho gustate molte, di pizzaioli conosciuti, di aziende pure. Confesso: solitamente le pizze il sabato sera non le mangio, i mie amici mi portano quasi sempre in pizzerie dove la pizza non è di mio gusto. Invece, per la maggior parte delle volte, durante il mio lavoro ho gustato pizze buone. Privilegio di aver a che fare con bravi professionisti. Quando parlo di pizze buone dico buone di sapore e digeribili. Di certo palato e occhio nel tempo si sono affinati. Di certo anche, di contro, non ho ancora un laboratorio chimico in corpo, ma il mio stomaco è abbastanza delicato da dirmi se una pizza è ben lievitata e ben cotta, l’essere buona forchetta mi porta a valutare i gusti e la mia provenienza da famiglia di gente che spende molto per la spesa quotidiana, mi ha fatto conoscere sin dall’infanzia il sapore che passa fra un buon prosciutto cotto o un cotto con i polifostati, un olio extravergione oppure contraffatto. In più basta chiaccherare e fare le domande giuste per valutare cosa un pizzaiolo usa e non usa nel suo lavoro, cosa fa e non fa.
Premessa fatta, non penso, personalmente che morirò per la pizza che cuoce in forno legna, anche quella bruciata ( ma non mangerei mai una pizza bruciata per il suo cattivo sapore); personalmente mi preoccupa di più il mercurio nel pesce, la carne pompata di antibiotici, l’olio contraffatto, una merendina piena di grassi insaturi. Anche perchè la pizza non la mangio sempre, la mangio poche volte, quand’è come dico io. I miei amici, ripeto, ci hanno messo una croce se mi portano in pizzeria; mi fanno: “tu non mangi la pizza?” Rispondo: “Non questa”, se vedo già che negli altri piatti non c’è quello che amo. Ma cosa vi voglio comunicare con tutto questo? Che conosco pregi e difetti della categoria del mondo pizza, e ho conoscenza di ciò che è buono e non buono nella lavorazione e cottura. E che sì conosco tantissimi che dovrebbero faro un altro mestiere, come, grazie a Dio, conosco tantissimi per cui la pizza è davvero una missione. Non pretenderò mai come cliente che mi si pulisca il forno ad ogni pizza cotta, non penso che sia verosimile che si possa fare quando devi sfornare oltre 500 pizze a sera. Pretendo però che non mi si bruci la base della pizza, che sia ben lievitata e digeribile, che si usi l’extravergine, la mozzarella e non la pasta filata che diventa un cemento dopo cinque minuti, che la salsa provenga da pomodoro italiano, mi va bene un pelato passato, ma sia il pelato e non concentrato cinese allungato, che la pizza sia morbida, elastica, alveolata e che il pizzaiolo, citando l’amico Michele Di Giglio, si lavi le mani quando le mette in pasta e mi prepara il mio cibo.
E che la Margherita non costi 12 euro (a meno che non ci sia un superservizio) perché anche con prodotti italiani e buoni può costare ad un prezzo decente. Non è possibile che aziende che fanno buoni prodotti debbano solo esportare per vendere. Siamo italiani, impariamo a mangiar bene e a fare la spesa. Siamo ristoratori? Approvvigioniamoci di materie prime controllate. Siamo pizzaioli? Ma siamo sicuri di esserlo? Abbiamo fatto corsi di formazione? E continuiamo ad aggiornarci? Che l’extravergine abbia un punto di fumo il più adatto alla frittura e che è ottimo crudo, salutare e profumato, che il sale va messo lontano dal lievito e che una lunga lievitazione agevola la digeribilità, soprattutto con farine ricche di glutine, lo so persino io, stando a contatto con chi fa formazione seria o lavora aggiornandosi, io che sono giornalista e non pizzaiolo o fornaio. Ho letto uno slogan oggi, online: difendiamo la pizza. La pizza non va difesa, va fatta. Bene. E confido che i bravi pizzaioli aumenteranno sempre più.
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